mercoledì 29 febbraio 2012

"I serial killer dell'anima" di Cinzia Mammoliti

Con immensa gioia  Vi comunico che finalmente è stato distribuito in tutte le librerie il saggio della criminologa dott.ssa Cinzia Mammoliti "I serial killer dell'anima" Sonda Editore.

I manipolatori sono tra noi: come riconoscerli, come evitarli, come difenderci da loro.
 
Chi sono i serial killer dell’anima? Come agiscono? Perché certi uomini si presentano in un modo e poi si rivelano completamente diversi? Cosa induce molte donne a farsi maltrattare? Perché a fronte di molestie, umiliazioni e vessazioni costanti anziché fuggire rimangono accanto al loro persecutore? Spesso il crimine non viene neppure denunciato perché compiuto proprio dalle persone che più si amano e che si sentono così autorizzate a continuare a delinquere nel silenzio di chi viene abusato. Il più delle volte infatti le vittime non prendono in considerazione le proprie esigenze e i propri diritti, ma consentono al manipolatore di molestarle, opprimerle, umiliarle. Paure e sensi di colpa inutili concorrono poi a peggiorare la situazione, e la vittima cade in relazioni dolorose e destabilizzanti dalle quali liberarsi rappresenta, a volte, un’impresa titanica. "

Un grazie alla collega per aver scritto su saggio di grande spessore.

Deborah Di Donna


"Una guida che affronta con stile chiaro e diretto un argomento ancora poco dibattuto in Italia, fornendo gli strumenti per combattere la violenza psicologica.
Acquisire consapevolezza; riconoscere i potenziali nemici per evitarli individuando le principali dinamiche relazionali perverse; decidere di non restare più invischiate in una relazione negativa con persone che vogliono umiliarci e abusarci psicologicamente: questi gli strumenti fondamentali per evitare di soffrire.

lunedì 13 febbraio 2012

Manipolazione mentale e violenza psicologica

Il tema della violenza psicologica e della manipolazione mentale, che spesso la precede, costituisce un importante argomento di riflessione a causa della cifra oscura che caratterizza questo reato.
La donna, vittima predestinata da tempo immemore, ha imparato a riconoscere come sbagliata, nel tempo, quella che é la violenza fisica ma tende ancora ad accettare quella forma più subdola e sottile di abuso, che il più delle volte avviene sotto le mura domestiche e che prende il nome, appunto, di violenza psicologica. Essa consiste fondamentalmente nell umiliazione e deprezzamento della vittima, che attraverso l uso, da parte del carnefice, di azioni manipolatorie finalizzate a farle gradualmente perdere fiducia in se stessa si ritrova svilita, smarrita e priva di punti di riferimento.
Si tratta di un omicidio dell anima e della mente spesso premeditato che vede ad oggi troppi esecutori impuniti e considerate le gravissime conseguenze sia fisiche che psicologiche che esso determina richiede una sensibilizzazione di tutta la popolazione che possa contribuire a fare emergere il fenomeno di modo che chi subisce sia in grado di riappropriarsi della propria dignità e integrità mentale e chi agisce venga debitamente punito dall ordinamento o curato.
Spesso il crimine non viene denunciato perchè proviene proprio dalle persone che più si amano e che si sentono, per tale ragione, autorizzate a continuare a delinquere
Si intende, con questo seminario, contribuire a sensibilizzare l opinione pubblica aiutando, al contempo, le vittime a riconoscere il fenomeno per potersene difendere autonomamente o chiedendo aiuto.
Ciò non soltanto per tutelare se stesse e la propria integrità ma anche per salvaguardare eventuali figli che, assistendo alla violenza su un genitore di riferimento, potrebbero, a loro volta un domani, divenire degli  abusanti.


Cinzia Mammoliti

mercoledì 1 febbraio 2012

LO STALKING : CHI E'LO STALKER ?


Si é tanto parlato in questi ultimi tempi di un reato che, pur essendo da sempre esistito, ha ricevuto una disciplina legislativa solamente pochi anni fa: lo stalking, che in inglese, letteralmente significa "fare la posta", "appostarsi" e che si concretizza in una serie di atti insistenti, ossessivi e persecutori, posti in essere da un molestatore, che mirano a ridurre la vittima in uno stato di soggezione psicologica per costringerla ad accettare un contatto intrusivo nella propria vita privata.
Per dar luogo alla fattispecie criminosa tali comportamenti persecutori devono concretizzarsi in un insieme di condotte vessatorie, sotto forma di minaccia, molestia, atti lesivi continuati che inducano, nella persona che le subisce, un disagio psichico e fisico e un ragionevole senso di timore
La Legge 23/4/2009 n.38 ha introdotto l’art. 612 bis c.p. “ATTI PERSECUTORI”: il nuovo reato é concepito come delitto contro la libertà morale con pena da 6 mesi a 4 anni di reclusione. La pena è aumentata se il fatto è commesso dal coniuge legalmente separato o divorziato o da persona che sia stata legata da relazione affettiva alla persona offesa.
Il delitto, procedibile a querela, diventa perseguibile d’ufficio nelle ipotesi aggravate (es. se contro un minore o persona disabile)
Ma chi é il molestatore (detto stalker) visto da vicino? Si tratta solitamente di un uomo, anche se é in aumento lo stalking femminile, che non riesce ad accettare la decisione, presa dalla compagna, di troncare la relazione.
Sono state individuate cinque tipologie di base:
1) il "risentito", caratterizzato da rancori per traumi affettivi ricevuti da altri a suo avviso ingiustamente (tipicamente un ex-partner di una relazione sentimentale);
2) il "bisognoso d'affetto", desideroso di convertire a relazione sentimentale un ordinario rapporto della quotidianità; insiste e fa pressione nella convinzione che prima o poi l'oggetto delle sue attenzioni si convincerà;
3) il "corteggiatore incompetente", che opera stalking in genere di breve durata, risulta opprimente ed invadente principalmente per "ignoranza" delle modalità relazionali;
4) il "respinto", rifiutato dalla vittima, caratterizzato dal voler contemporaneamente vendicarsi dell'affronto costituito dal rifiuto ed insieme riprovare ad allestire una relazione con la vittima stessa;
5) il "predatore", il cui obiettivo è di natura essenzialmente sessuale, trae eccitazione dal riferire le sue mire a vittime che può rendere oggetto di caccia e possedere dopo avergli incusso paura.
A parte l'ultima tipologia si tratta, ordinariamente, di persone normali che di fronte al trauma dell'abbandono reagiscono in maniera anomala tormentando la loro vittima in maniera ossessiva per settimane, mesi e talvolta anni interi con conseguente compromissione del funzionamento sociale, lavorativo e psicologico. Sotto questo aspetto lo stalking si profila come un reato sui generis per via delle conseguenze gravi che subisce non solo la vittima ma anche il reo. Non é raro, infatti, che questi sviluppi una serie di disturbi psicologici o psichiatrici di varia entità legati all'ossessione ingenerata dal rifiuto dell'ex partner, fattore che mi fa seriamente riflettere sull'effettivo grado di imputabilità di molte persone.
Ma qual é il discrimine tra corteggiamento pressante e molestia assillante ? Non sempre é facile distinguere. Il legislatore richiede che i comportamenti molesti siano intrusivi, non richiesti, non voluti e non graditi, tali da creare disagio psicofisico e un ragionevole senso d’ansia o paura nella vittima per sé o per l’incolumità di altra persona legata da relazione affettiva o tali da costringerla ad alterare le proprie abitudini di vita. Fattori tutti difficilmente accertabili ed estremamente soggettivi. Si tratta, pertanto, di un reato molto difficile da provare e non soltanto per la relatività dei parametri che lo tipizzano ma anche per il numero oscuro che lo caratterizza e che rappresenta quella quota di casi che, in ogni tipo di reato, non finiscono nelle statistiche ufficiali perché non denunciati dalla vittima, non vengono scoperti o perché l'indiziato non viene condannato. Come in tutti gli illeciti commessi nel contesto familiare, infatti, anche in questo la vittima ha spesso serie difficoltà a sporgere denuncia per paura di ritorsioni o senso di colpa. Tuttavia, al contrario, la cifra riguardante questa fattispecie criminosa si presta anche ad essere sovrastimata e questo principalmente per il rischio di strumentalizzazione del reato laddove vi siano in corso, ad esempio, cause di separazione e diatribe coniugali per l'affidamento di figli.
A distanza di quasi tre anni dalla regolamentazione legislativa restano a mio parere ancora troppe zone d'ombra.

domenica 13 novembre 2011

LA DEVIANZA MINORILE E LE BABY GANGS


Quando si parla di delinquenza in genere si tende a immaginare il criminale adulto che conduce una vita ai margini della società violando le regole di convivenza civile e infrangendo costantemente le leggi. Pensare a individui strutturati e consapevoli che delinquono può più o meno colpire, indignare o lasciare indifferenti.
Un fenomeno che, però, non può essere ignorato da nessuno é quello della devianza minorile.
Fa male pensare a un bambino criminale. Perché lo diventa? Quale immensa frattura é intervenuta a interrompere un processo di crescita sana, quella alla quale ogni fanciullo ha diritto? Vandalismo, estorsioni, rapine, risse, pestaggi, i cui autori si collocano tra i 12 e i 18 anni da luogo a un particolare tipo di criminalità, presente ormai da tempo sul nostro territorio e in costante crescita, messa in atto dalle baby gang, vere e proprie bande organizzate costituite sia da minori italiani che da immigrati stranieri. Riguardo a questi ultimi se i nomadi rumeni si dedicano prevalentemente ai furti, i nordafricani vengono impegnati nello spaccio di droghe mentre ecuadoriani, peruviani e cileni commettono i reati più segnati dalla violenza fisica.
Secondo un recente rapporto del Centro per i Diritti del Cittadino, mentre nella capitale e nel sud Italia i piccoli criminali sono principalmente di nazionalità italiana, nel nord le baby gang sono formate maggiormente da gruppi sudamericani. La struttura di questi gruppi é simile a quella delle bande criminali, con un’organizzazione interna e una strategia di attacco. Nascono in quartieri o in determinate zone, di cui gli appartenenti alla banda si sentono in qualche modo padroni, si attribuiscono originali nomi che li contraddistinguano dalle bande rivali e si fanno la guerra seminando il panico sui territori prescelti.
Non mancano elementi femminili al loro interno che spesso sono anche più aggressivi dei loro compagni di squadra per dimostrare a questi ultimi la loro "parità".
Non sempre c'é una logica nella scelta delle vittime. Talvolta si tratta di persone percepite come più deboli: diversamente abili, anziani, barboni, persone appartenenti ad un'altra razza o di diverso orientamento sessuale, altrimenti può andar bene chiunque capiti loro sotto tiro.
La modalità delle aggressioni è quasi sempre la stessa. Viene individuata la vittima e circondata senza darle alcuna possibilità di reagire, si procede poi all'intimidazione insultandola per poi picchiarla.
Non di rado le malefatte commesse vengono riprese e i video autocelebrativi vengono caricati su Youtube e su altri siti mentre social network come Facebook e Hi5 vengono utilizzati per tenersi in contatto tra loro.
Cosa spinge questi giovani ad agire così ? Si sente parlare spesso di malessere generazionale, di caduta e vuoto di valori, ma non credo si possa generalizzare un problema così delicato. Innanzitutto, per individuare le cause del fenomeno ritengo debba esser fatta una netta distinzione tra ragazzi provenienti da famiglie disatrate e vittime a loro volta di violenza assistita e giovani che invece appartengono a nuclei familiari, almeno apparentemente, solidi e ben strutturati.
Nel primo caso intraprendere una strada sbagliata, vale per gli italiani, come per gli stranieri, costituisce la conseguenza dell'abbandono affettivo e della mancanza di una guida.
Una situazione economica e familiare precaria, l'allontanamento dal Paese d'origine, località residenziale e luoghi frequentati vicini ai punti di ritrovo dei malavitosi, maltrattamenti subiti o ai quali si é soliti assistere in casa, son tutti fattori che possono slatentizzare una forte aggressività soprattutto in un momento delicato della vita come quello dell'adolescenza.
Il giovane, disperato, sente il bisogno di affermare la propria identità attraverso l'appartenenza ad un gruppo di pari e ricorre all'estremizzazione del bullismo per gridare al mondo la sua esitenza e il bisogno di attenzione
Diversa é, invece, la realtà per quei ragazzi che, al contrario son cresciuti ""nella bambagia e hanno alle spalle famiglie spesso benestanti. In questo caso é forse più appropriato parlare di caduta di valori. Una societa' adulta, senza valori, o che comunque non e' più capace di trasmetterli; famiglie il cui unico modello etico consiste ormai nell' accumulazione di benessere; una classe politica che sponsorizza di fatto una cultura dell' illecito, con una sistematica delegittimazione dell' autorita' giudiziaria, possono determinare un vuoto incolmabile nei giovani più fragili che, non sapendo come rispondere a ciò, scelgono di delinquere andando a cercarsi discutibili punti di riferimento in strada.
E'dunque sempre colpa della famiglia ?
La responsabilità che ha quest'ultima é molto grande. Nel primo caso per l'incuria, l'ignoranza, la mancanza di mezzi e strumenti per far fronte a un esercizio adeguato della potestà genitoriale.
Nel secondo caso per la superficialità, l'individualismo, la noia, la deresponsabilizzazione quando si sceglie di privilegiare la strada della concessione a oltranza a quella dell'educazione responsabile.
Un bambino delinquente é una responsabilità sociale.
Una mano sulla coscienza dovremmo quindi, a mio parere, metterla tutti indistintamente.

Cinzia Mammoliti
www.didonnainvestigazioni.com